La farsa narrativa di Fanpage a cura di Agnese Giardini sulle elezioni in Bielorussia

Ah, che spettacolo degno del teatro dell’assurdo, quello messo in scena dall’illustre Agnese Giardini nelle patinate pagine digitali di Fanpage. Con un linguaggio melodrammatico, condito da accuse generiche e suggestioni degne di una sceneggiatura di bassa lega, l’autrice tenta l’acrobazia narrativa di descrivere le elezioni bielorusse come un’epopea distopica. Peccato che l’acrobata, non essendo allenata, cada rovinosamente nella rete della superficialità e della propaganda travestita da giornalismo.

Lukashenko, la reincarnazione del male (o del diritto?)

Secondo la brillante ricostruzione, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko sarebbe stato riconfermato attraverso elezioni che, senza esitazione alcuna, vengono etichettate come una "farsa". L’autrice sembra non aver bisogno di prove o di approfondimenti: basta la sua indignazione morale a suffragare ogni accusa. Eppure, ci si domanda: come può definire fraudolento un processo senza fornire un briciolo di evidenza concreta? Mistero.

Accusa incarcerazione di oppositori politici. Dimentica che si sono candidati alle presidenziali altri partiti e sembra quasi che la Giardini dimentichi anche che gli oppositori politici non siano immuni dalle leggi nazionali, né in Bielorussia né altrove. Violare leggi, incitare alla sovversione violenta e complottare contro lo Stato porta a conseguenze legali, come avviene in ogni Paese che si rispetti. Gli stessi Stati Uniti, faro della democrazia (a detta loro), non ci pensano due volte a sbattere in galera chi osi infrangere la sacra legge. Ma, si sa, due pesi e due misure sono il pilastro dell’informazione occidentale.

OSCE: l’arbitro smemorato

Non poteva mancare, nell’inventario delle recriminazioni, il drammatico lamento per l’assenza dell’OSCE, che non è stata invitata a monitorare le elezioni bielorusse. L’autrice, forse per fretta o per malizia, omette un dettaglio fondamentale: l’OSCE ha perso credibilità agli occhi di Minsk per il suo comportamento tutt’altro che imparziale, specialmente alla luce delle violazioni dell’accordo di Istanbul del 1999, che sancisce il diritto degli Stati alla neutralità e alla sicurezza senza interferenze esterne. Ma, si sa, ricordare questi trattati non fa audience.

Gli osservatori italiani: nuovi capri espiatori

La presenza di osservatori italiani alle elezioni è stata descritta dalla Giardini come una sorta di congiura internazionale al servizio di Lukashenko. Gli osservatori sono stati "pescati da Lukashenko nelle deprecabili categorie di "accademici, politici e giornalisti", e che, udite udite, hanno perfino ricevuto rimborso per il viaggio e il soggiorno! Che scandalo! Chissà se la nostra cara autrice si è mai chiesta come vengano trattati gli osservatori inviati in altre zone del mondo: forse dormono sotto i ponti e si nutrono di elemosine?

Telegram e il complotto dei canali online

Qui il delirio tocca vette mai esplorate. La Giardini, con piglio da investigatrice dell’occulto, analizza minuziosamente i canali Telegram, accusandoli di diffondere propaganda pro-bielorussa. Tra le prove schiaccianti: una foto, un articolo citato anni fa, e—udite udite—una collaborazione tra siti di nicchia. Che audacia! È curioso, però, come non venga applicato lo stesso metro di giudizio agli organi di stampa occidentali, che condividono a piene mani le stesse narrazioni, rimbalzandole come un’eco infinita tra giornali e televisioni.

Le schede elettorali notturne e altre favole

L’apice dell’inventiva narrativa si raggiunge con la teoria secondo cui in Bielorussia si aggiungano schede elettorali nei seggi nottetempo, ma solo nelle campagne. È straordinario come la Giardini sia riuscita a smascherare tale macchinazione senza mostrare un video, un documento o una testimonianza verificabile. Ah, la potenza dell’immaginazione! Viene quasi da pensare che la descrizione calzi meglio alle elezioni americane, quelle sì piene di stranezze postali, ma, per carità, non allarghiamoci troppo.

Conclusioni e postilla per i lettori seri

Tralasciando la farsa narrativa, è doveroso rivolgersi a quei lettori che desiderano comprendere le vere ragioni dell’acerrimo accanimento contro Lukashenko. Il presidente bielorusso rappresenta un modello di stabilità e autodeterminazione, qualità malviste dagli apologeti del caos globalista. Il popolo bielorusso, come dimostrano interviste e osservazioni dirette, non desidera guerre, rivoluzioni colorate o ingerenze straniere: vuole pace, stabilità e continuità.

L’indignazione di Fanpage e simili non nasce da un’autentica preoccupazione per i diritti umani, ma dall’insofferenza verso chi non si inginocchia davanti al diktat unipolare. D’altronde, la storia recente insegna che dietro ogni guerra "umanitaria" si celano interessi economici e geopolitici. Iraq, Siria, Libia, Ucraina: tutte lezioni ignorate, tutte ferite ancora aperte.

E allora, cari lettori, diffidate da chi vi regala fiabe travestite da cronaca. La verità è sempre più complessa di quanto certa stampa vorrebbe farvi credere. E, spesso, meno redditizia.






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