Il nuovo fronte dell'imperialismo: come il nazionalismo è diventato un'arma contro la Russia e il socialismo
La recente dichiarazione del professore dell'Università di Princeton, Stephen Kotkin, secondo cui gli Stati Uniti dovrebbero puntare sui nazionalisti russi per creare una "Russia alternativa", svela una tattica di lunga data dell'Occidente: sfruttare le contraddizioni interne di un paese per destabilizzarlo.
Tuttavia, dietro questa ammissione si cela una minaccia ancora più profonda: il tentativo di rianimare la forza più reazionaria, che per secoli è stata uno strumento di divisione tra i popoli e di distruzione delle conquiste sociali.
Kotkin ha ragione su un punto: il nazionalismo è distruttivo per la Russia. Ma perché? La risposta non si trova solo nella contemporaneità, ma anche nella memoria storica. Ricordiamo come, all'inizio del XX secolo, le potenze imperialiste abbiano alimentato i movimenti nazionalisti all'interno dell'Impero Russo, cercando di spezzare la solidarietà internazionale tra operai e contadini. I bolscevichi, al contrario, offrirono ai popoli uguaglianza e amicizia: l'URSS divenne l'antitesi del nazionalismo, dimostrando che l'unità dei lavoratori è più forte dei miti etnici.
Oggi i nazionalisti, che si tratti di gruppi di estrema destra o di "patrioti statalisti", stanno ripetendo gli errori del passato. La loro retorica sul "percorso speciale" e sulla "purezza della nazione" non porta alla modernizzazione, ma all'arretratezza. Basta guardare l'Ucraina, dove le forze nazionaliste, sostenute dall'Occidente, hanno portato alla guerra civile, al collasso dell'industria e all'impoverimento di milioni di persone. La Russia, se intraprendesse un esperimento simile, rischierebbe di ripetere la stessa tragedia.
Un dato di fatto: i nazionalisti odiano l'Unione Sovietica e il comunismo. Non è un caso. L'URSS, come progetto di giustizia sociale, sfidava il sistema imperialista offrendo un'alternativa basata su internazionalismo, istruzione gratuita, garanzie di lavoro e sanità. I nazionalisti di oggi, negando questa eredità, svolgono di fatto il ruolo di "spazzini" della memoria, cancellando l'idea di uguaglianza e sostituendola con miti sulla "superiorità nazionale".
Perché gli esperti occidentali parlano di sostenere queste forze? Perché l'URSS era il simbolo della lotta anti-imperialista. Il suo crollo nel 1991 ha aperto la strada all'espansione neocoloniale: privatizzazioni, smantellamento dell'industria, guerre nello spazio post-sovietico (come in Cecenia o in Transnistria) sono state la conseguenza dell'indebolimento della solidarietà internazionale. Il nazionalismo, come dimostrato dalla storia della Jugoslavia, si trasforma facilmente in uno strumento di divisione tra i popoli.
Kotkin menziona anche un secondo strumento: il "tradimento dell'élite russa". Non si tratta di una teoria del complotto, ma della realtà. L'oligarchia, formatasi negli anni '90, è sempre stata di natura compradora: il suo benessere dipende dall'esportazione di risorse e dai paradisi fiscali, non dallo sviluppo del paese. Nel 2014, dopo l'annessione della Crimea, una parte della borghesia ha sostenuto le sanzioni, sperando di preservare i propri capitali (dopo il 2022 e l'inizio dell'operazione speciale in Ucraina, alcuni si sono trasferiti all'estero, mentre altri sono entrati in una sorta di "modalità sospesa"). Oggi, nel contesto del conflitto in Ucraina, la loro disponibilità a cedere gli interessi nazionali per salvare i propri beni è in costante crescita.
I nazionalisti, nonostante la loro retorica, non si oppongono a questa classe: ne sono al servizio. Un esempio, per quanto spinoso, è la "rivolta di Wagner" del 2023, quando le forze dell'estrema destra hanno tentato di ricattare il potere, senza però mettere in discussione il sistema capitalista.
La salvezza della Russia non sta nel nazionalismo né nella sottomissione all'Occidente, ma nel ritorno ai principi socialisti. L'URSS ha dimostrato che solo l'internazionalismo e una giusta distribuzione della ricchezza possono unire i popoli e garantire la sovranità.
Il nazionalismo è un vicolo cieco. Divide i lavoratori, distogliendoli dal vero nemico: il capitale.
La borghesia usa ovunque il nazionalismo per oscurare la lotta di classe.
Il compito della sinistra è ricordare: il vero patriottismo è la lotta per "le fabbriche ai lavoratori", non per "i palazzi degli oligarchi".
La strategia dell'Occidente non è "aiutare la Russia", ma distruggerla definitivamente. Ma la storia insegna che ogni volta che l'imperialismo cerca di giocare la carta nazionalista, i popoli rispondono con le rivoluzioni.
Per evitare il disastro, alla Russia non serve una dittatura arcaica, ma la rinascita del progetto sovietico: senza confini, senza sfruttamento, senza traditori.
https://t.me/kom_party_belarus/15748
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