Lukashenko l'ultimo partigiano, la Resistenza della Bielorussia : intervista a Giambattista Cadoppi




Quella di Alexander Lukashenko è sicuramente una delle leadership più longeve d'Europa, nonostante la sua lunga presidenza, però, sappiamo davvero poco del presidente della Bielorussia e del suo paese. Abbiamo intervistato Giambattista Cadoppi, autore del libro "Bielorussia tra Eurasia e tentativi di rivoluzione colorata", e nostro rappresentante nella delegazione italiana a Minsk, per il 7 Novembre.

Professore, lei è un profondo conoscitore della Bielorussia, a cui ha anche dedicato un libro, e di recente è stato a Minsk con la nostra delegazione, durante le celebrazioni in memoria della Rivoluzione d'Ottobre.
Come mai in Bielorussia ancora si commemora il 7 Novembre, cosa rappresenta per i bielorussi?

La Bielorussia è l’unico paese al mondo in cui il 7 novembre è festa nazionale. Una cerimonia si svolge tutti gli anni davanti al monumento a Lenin vicino al parlamento repubblicano. A questa cerimonia ha partecipato anche la nostra delegazione che era formata da me, dai senatori Mattia Crucioli (Alternativa), Emanuele Dessì (Partito Comunista), Vito Petrocelli già Presidente della Commissione Esteri del Senato e Igor Camilli (Patria Socialista). Alla manifestazione è stata data la parola anche alla nostra delegazione. Lo stesso giorno ho realizzato un’intervista con il compagno Nikolaj Volovich, membro dell’Ufficio di presidenza del Comitato Centrale del Partito Comunista Bielorusso, responsabile del dipartimento del lavoro ideologico. Nikolaj ha spiegato molto bene qual è il significato dell’Ottobre per i Bielorussi. Innanzitutto, occorre dire che il Partito Operaio Socialdemocratico Russo è stato fondato il 13 marzo 1898 proprio a Minsk, capitale della Bielorussia, dove si riunirono clandestinamente gli esponenti di sei organizzazioni rivoluzionarie. Il manifesto venne invece stampato in una tipografia clandestina di Babrujsk, sempre in Bielorussia. Nell successivo Congresso di Londra il partito si divise tra la maggioranza (bolscevichi) e la minoranza (menscevichi). A Minsk agì durante la Rivoluzione del 1917 Michail Frunze, che istituì la prima Guardia Rossa proprio a Minsk, nucleo della successiva Armata Rossa, di cui divenne comandante poco prima di morire, nel 1925. Frunze fu anche presidente del Soviet centrale della Bielorussia. L’Ottobre, oltre al significato universale, ebbe anche un significato specifico per la Bielorussia in quanto istituì per la prima volta la Repubblica Socialista Bielorussa, il primo esempio della statualità del paese. Inoltre, contribuì alla liberazione del paese dall’oppressione polacca. Nikolaj ha fatto rilevare il significato internazionale della Rivoluzione d’Ottobre e che gli stessi cinesi fondano il loro stato sui principi nati allora.

Durante la sua permanenza, con quali associazioni e organizzazioni del luogo ha avuto modo di interagire? Quali sono le sue impressioni?

Durante la nostra permanenza siamo stati ospiti dei sindacati Bielorussi, e proprio nel centrale Palazzo dei sindacati, recentemente ristrutturato, abbiamo incontrato la responsabile delle relazioni internazionali della Federazione dei Sindacati della Bielorussia, Anna Grigorievna Varfolomeevala. Abbiamo avuto un approfondito confronto in cui la responsabile ci ha spiegato le problematiche del lavoro nel paese. La Federazione è forte di più di quattro milioni di iscritti in un paese di circa dieci milioni di abitanti. Durante l’incontro con Nikolaj Volovich erano presenti parlamentari del Partito Comunista, veterani dell’Afganistan, membri della Federazione della Gioventù Repubblicana. Lo scambio di vedute è stato molto interessante e istruttivo. Il Partito Comunista Bielorusso ha deputati, ministri, ed è presente capillarmente nelle realtà locali e nelle fabbriche. 

Qual è il suo bilancio complessivo rispetto a questa esperienza? Crede sia importante creare nuove occasioni di incontro tra i due paesi?

Il bilancio è molto positivo. Occorre incrementare la conoscenza del paese come anche gli scambi culturali e commerciali. Bisogna sollecitare gli incontri ai più alti livelli. Il senatore Vito Rosario Petrocelli, membro della delegazione, ha sempre lavorato in parlamento per lo sviluppo della cooperazione con la Bielorussia. «Nei dieci anni della mia attività di parlamentare in Italia, mi sono dedicato a rafforzare la cooperazione con la Bielorussia. E il mio merito personale è che siamo riusciti a ratificare due importanti accordi intergovernativi tra Italia e Bielorussia: sulla cooperazione nel campo della cultura, nonché della scienza e della tecnologia», ha osservato il senatore in una intervista all’agenzia bielorussa Belta. Occorre continuare su questo piano.
Anche io mi sono dato da fare per fare conoscere meglio il paese. Durante la manifestazione del 7 novembre ci ha fatto da interprete Valdimir Vasilkov, già diplomatico all’Ambasciata di Roma. Vladimir, che ha fatto una recensione del mio libro “Bielorussia tra Eurasia e tentativi di rivoluzione colorata” su una rivista di cultura bielorussa, mi ha detto che il libro ha avuto un ottimo riscontro nel paese. In Italia è arrivato alla seconda edizione.

Qual è il sentimento dei bielorussi rispetto all'Italia? Come è stata accolta la delegazione italiana?

La delegazione è stata accolta in modo eccezionale. A cominciare dall’Ambasciata bielorussa a Vilnius che ci ha messo a disposizione un pulmino con autista per condurci a Minsk, a Pavel, assistente dei parlamentari del Partito Comunista, che ci ha organizzato il soggiorno nella capitale, ci ha guidato nel moderno Museo della Grande Guerra Patriottica, a Olga, direttrice dell’Albergo dei Sindacati, l’Orbita. L’accoglienza alla Casa dei Sindacati e nel meeting con il Partito è stata eccellente. I media hanno poi intervistato i membri della delegazione. Ovunque l‘accoglienza è stata calorosa.

Per ora non si parla molto della situazione bielorussa, ma quando lo si fa, si descrive un paese vittima di un regime totalitario. Lukashenko è chiamato: l'ultimo dittatore d'Europa. 

La definizione di ultimo dittatore d’Europa è stata data dal falco di tutte le guerre e intromissioni negli affari interni di altri stati, ovvero Condoleeza Rice, responsabile dei milioni di morti della guerra in Iraq, ma l’Occidente è stato molto ondivago nei confronti del presidente bielorusso. Quando Lukashenko si allontanava da Mosca era quasi un amico, e come si sa i “diritti umani” non contano per gli amici, ma solo per i nemici. Tanto è vero che Mike Pompeo fece una visita di stato a Minsk poco prima che il presidente tornasse a essere, secondo l’Occidente, “un nemico giurato dell’umanità”. L’ex ambasciatore svizzero in Bielorussia, nel 2019, ha affermato che la definizione di “ultimo dittatore” data a Lukashenko non è vera e allarga solo all’inverosimile il concetto stesso di “dittatura”. Egli ha notato che sotto Lukashenko il paese, anche se lentamente, è cambiato in meglio, e tali definizioni indicano che si sa molto poco al riguardo. Due accademici americani hanno scritto che se “l’ultimo dittatore d’Europa” entrasse in un vero e proprio agone politico, lo vincerebbe comunque. In Bielorussia, Lukashenko ha contenuto l’influenza delle forze oligarchiche, che in altre repubbliche post-sovietiche hanno scacciato i cittadini comuni dal processo politico. Dunque, in un qualche modo Lukashenko protegge il popolo e la democrazia. In Bielorussia sono registrati 15 partiti politici (9 di questi sono all’opposizione), 37 sindacati, 7 organizzazioni pubbliche repubblicane, circa 150 fondazioni e oltre 2.700 organizzazioni pubbliche a livello locale, repubblicano e internazionale. La mitica “società civile” è dunque ben rappresentata.

Ma chi è davvero Alexander Lukashenko, e cosa lo distingue dagli altri leader europei?

Alexander Lukashenko è nato il 30 agosto del 1954 nella parte orientale del paese ai confini con quella che oggi è la Federazione Russa. Ha conseguito due lauree. Ha trascorso, a partire dalla metà degli anni Settanta, cinque anni nell’esercito ed ha inoltre ricoperto il ruolo di istruttore nella sezione affari politici. In seguito, è entrato nel Komsomol (organizzazione giovanile del Partito Comunista) lavorando in alcune organizzazioni locali. Tra il 1982 ed il 1990 ha ricoperto ruoli dirigenziali nelle fattorie collettive statali e in alcune industrie. Dal 1985 al 1987 ha lavorato come segretario del comitato di partito della fattoria collettiva Lenin nel distretto di Shklov. Nel marzo 1987 è diventato il direttore della fattoria statale di Gorodets nel distretto di Shklov della regione di Mogilev. 
Durante il periodo della Perestrojka, nel marzo 1990, è stato eletto deputato del Soviet Supremo della Repubblica Socialista Sovietica di Bielorussia nel distretto elettorale di Shklov vincendo al secondo turno. Divenne noto per i suoi discorsi critici, anche prima del crollo dell’URSS - contro il presidente del Consiglio dei ministri della Bielorussia Vyacheslav Kebich, e dopo - contro il presidente del Consiglio Supremo Stanislav Shushkevich.
Il 25 maggio 1991, il futuro presidente ha pubblicato sul quotidiano “Narodnaya Gazeta” un articolo in cui accusava la “Nomenklatura” di voler instaurare un governo autoritario e semidittatoriale. Insomma, Lukashenko fu a lungo un oppositore delle velleità autoritarie della Nomenklatura. Chiaramente l’Occidente è favorevole all’autoritarismo quando si dichiara a favore del libero mercato e contro, quando vi si oppone. Successivamente, nel Soviet Supremo della Bielorussia, egli divenne uno dei leader della frazione “Comunisti della Bielorussia per la Democrazia”.
Nell’ottobre 1991 si tenne a Minsk un congresso del comitato organizzatore per la creazione di un nuovo partito democratico: il Partito dell’Accordo Popolare. Il comitato organizzatore comprendeva membri della fazione “Comunisti della Bielorussia per la democrazia”, funzionari di partito, insegnanti della Scuola superiore del Partito Comunista della Bielorussia. Lukashenko è diventato uno dei copresidenti del comitato.
Durante la ratifica da parte del Consiglio supremo della repubblica degli accordi che segnarono la fine dell’esistenza dell’URSS, Lukashenko fu l’unico deputato che votò contro. Successivamente, egli ha considerato il crollo dell’URSS, analogamente a Putin come «la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo».
“Il programma di Alexander Lukashenko equivale al programma del nostro partito” ci ha detto il compagno Volovich. Il paese non è dominato da oligarchi, monopolisti, lobby delle corporation multinazionali e nemmeno da qualche mafia che domina grazie al controllo dei media. È un paese fiero che vuole che le decisioni circa il proprio destino siano prese a chilometro  zero e non in una qualche capitale straniera. La Bielorussia rappresenta in Europa l’unico paese, assieme alla Russia, davvero resiliente all’unipolarismo.

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