Bielorussia tra passato sovietico e sfide geopolitiche: intervista a Giambattista Cadoppi
Nel suo libro Bielorussia: Tra Eurasia e tentativi di rivoluzione colorata, Giambattista Cadoppi esplora un Paese spesso poco conosciuto in Occidente, analizzandone la storia, la politica e il ruolo strategico tra Russia ed Europa. La Bielorussia, descritta da alcuni come un residuo dell’Unione Sovietica e da altri come un modello di stabilità e indipendenza, si trova al centro di un complesso gioco geopolitico, con pressioni esterne e sfide interne che ne definiscono il futuro.
Attraverso queste domande, vogliamo approfondire alcuni dei temi centrali del libro, dalle ragioni del consenso di Lukashenko alla continuità con il passato sovietico, fino alle prospettive economiche e politiche della Bielorussia in un mondo in rapido cambiamento.
1-Cosa l’ha spinta a scrivere un libro su un Paese che, come dice lei, è "quasi sconosciuto ai più"?
Sono stato parecchie volte in Bielorussia a partire dalla
fine degli anni Novanta. Ho visto quindi cambiare il paese, decisamente in
meglio, sotto i miei occhi, mentre in Occidente si continuava a considerarlo quasi
un paese del Terzo Mondo. Sono le narrazioni classiche dei nostri media per i
paesi estranei alla bolla occidentalistica. Nel libro dico che inizio il
viaggio in Bielorussia dalla storia, ma occorrerebbe iniziare dalla geografia. È
tipico degli occidentali istigare guerre calde, fredde o riscaldate contro
paesi che non saprebbero trovare su una carta geografica. Anzi, proprio questo,
proprio l’ignoranza dell’altro ci spinge alla guerra o comunque all’ostilità.
Nel 2020, quando ho scritto libro, era in atto una delle
tante rivoluzioni colorate. Si tratta di movimenti che tendono al “regime
change”, ossia al cambio di sistema, colpendo quelli che ritengono “regimi
autoritari corrotti”, ossia poco manovrabili, sostituendoli con regimi molto
più autoritari e ancora più corrotti, ma disponibili alla privatizzazione a
favore di corporation occidentali. Il tutto viene ottenuto attraverso
movimenti sovversivi “non-violenti”, eterodiretti ma che producono spesso
guerre civili con un alto tasso di violenza. L’Ucraina ne è l’esempio plastico.
Il libro è un instant book. Il fatto che sia stato messo assieme in breve tempo, sebben frutto di ricerche precedenti, ne risente nello stile in alcune parti non troppo elegante, per così dire. Comunque, del modello bielorusso ne avevo già parlato in un altro libro “Crisi, crollo e rinascita del socialismo. Il socialismo dalla «primavera di Praga» alla caduta nell'Europa orientale, alla rinascita in Asia” pubblicato da Anteo nel 2018.
2-Come è stata accolta la sua opera sia in Italia che all’estero? Ha ricevuto feedback interessanti o critiche particolari?
Il libro ha ricevuto diverse recensioni, a partire da quella
di Marco Pondrelli, direttore di Marx XXI, che scrive:
“Nel dibattito italiano, quando si parla di Bielorussia e di
Lukashenko, si parla disinvoltamente di dittatura. Sono metodi a cui la
politica e la stampa italiana ci hanno abituato da tempo: si usano definizioni
e si lanciano anatemi senza spiegare e motivare le proprie affermazioni.
Sarebbe interessante capire perché per Lukashenko e Chavez si ricorre al
termine ‘dittatore’ mentre, quando si parla di Arabia Saudita, si usa
l’espressione ‘sovrano’ o ‘famiglia reale’. Il libro di Cadoppi è un tentativo
riuscito di andare oltre i tweet e argomentare le proprie idee attraverso
un’analisi”.
Su Amazon i voti sono stati o 1 oppure 5, senza vie di
mezzo. Credo che quelli che hanno dato 1 (dai nomi sembrano probabilmente
ucraini) non l’abbiano nemmeno letto, mentre le altre sono recensioni molto
positive.
Vladimir Vasilkov, sull’importante rivista bielorussa
Belaruskaja Dumka, ha scritto:
“Indipendentemente dall'accordo o dal disaccordo con il
punto di vista dell'autore, ritengo che il suo lavoro sarà utile ai lettori
bielorussi: anche se contiene fatti e argomenti noti alla maggioranza, il
tentativo stesso del ricercatore italiano di esaminare il ‘fenomeno
Bielorussia’ suscita rispetto e interesse. Il libro di G. Cadoppi
"Bielorussia tra Eurasia e il tentativo di rivoluzione colorata" è
degno di essere ristampato nel nostro paese”.
Anche la rivista Eurasia, con Luca Baldelli, ha recensito il
libro.
Molti mi hanno manifestato personalmente il loro giudizio positivo sul libro.
3-Quali sono gli elementi principali che hanno permesso alla Bielorussia di resistere alle pressioni occidentali e ai tentativi di rivoluzione colorata?
Gli sforzi per il rafforzamento delle alleanze hanno
permesso alla Bielorussia di diversificare le sue partnership e di
mitigare l'impatto delle sanzioni occidentali. La collaborazione con la Russia
ha fornito una solida base economica e militare, mentre l'inclusione nell'Organizzazione
per la cooperazione di Shanghai e nei BRICS ha aperto nuove opportunità di
cooperazione e sviluppo. La strategia della Bielorussia di integrarsi più
strettamente con questi blocchi ha rafforzato la sua posizione geopolitica e le
ha permesso di affrontare le pressioni esterne con maggiore resilienza.
In questo contesto, l'adesione della Bielorussia all'Unione
Economica Eurasiatica e all'Organizzazione del Trattato di Sicurezza
Collettiva ha ulteriormente consolidato i suoi legami con la Russia e altre
nazioni dell'ex Unione Sovietica. Questi accordi multilaterali e bilaterali non
solo promuovono la cooperazione economica, ma anche la sicurezza regionale,
creando un fronte unito contro le influenze destabilizzanti.
Inoltre, i tagli ai finanziamenti per la sovversione, come quelli dell'USAID, hanno ridotto le capacità delle forze esterne di promuovere la sovversione all'interno del paese. La Bielorussia ha dimostrato di essere capace di trasformare le sfide in opportunità, utilizzando la sua posizione strategica e le sue alleanze per mantenere la stabilità interna e rafforzare la propria sovranità.
4- Qual è il ruolo della Polonia, della Lituania e dell’Ucraina nei tentativi di destabilizzazione della Bielorussia? E quanto è concreto il rischio di un conflitto o di una crisi prolungata ai confini?
Le relazioni tra Bielorussia, Polonia, Lituania e Ucraina
sono state segnate da crescenti tensioni. Polonia e Lituania hanno offerto
rifugio e sostegno a figure dell'opposizione bielorussa, tra cui Svetlana
Tikhanovskaya e il suo “governo in esilio”. Questo sostegno è percepito dal
governo bielorusso come un'interferenza nei suoi affari interni.
Entrambi i paesi hanno rafforzato la loro presenza militare
ai confini con la Bielorussia, citando preoccupazioni per la sicurezza legate
alla presenza del Gruppo Wagner in Bielorussia e alle tensioni con la
Russia. La Polonia, in particolare, ha adottato una linea dura, sostenendo
pienamente l'Ucraina e, di conseguenza, aumentando le ostilità con la
Bielorussia, stretta alleata della Russia.
Polonia e Lituania hanno sostenuto l'imposizione di sanzioni
da parte dell'Unione Europea contro Minsk. La guerra in Ucraina ha
ulteriormente esacerbato le criticità con la Bielorussia, vista come una
minaccia potenziale data il suo rapporto con la Russia. Le tensioni tra i due
paesi sono molto alte, con la Bielorussia che accusa l'Ucraina di tentativi di
sabotaggio, incursioni al confine e supporto a gruppi terroristici neonazisti.
La crescente militarizzazione della regione aumenta il
rischio di incidenti e di una escalation involontaria. Le campagne di
disinformazione possono alimentare ulteriormente le tensioni e creare un clima
di sfiducia. Un progressivo aumento dell'intensità delle violenze potrebbe
portare a un coinvolgimento diretto delle forze bielorusse. La crisi dei
migranti al confine bielorusso-polacco ha dimostrato come le tensioni possano
essere strumentalizzate per scopi politici.
Il rischio di un conflitto o di una crisi prolungata ai confini della Bielorussia è concreto, ma la probabilità di una guerra su vasta scala rimane bassa, soprattutto in questo momento, in cui gli Stati Uniti sembrano voler rinunciare alle sanzioni nei confronti della Bielorussia.
5-La Bielorussia, essendo un Paese postsovietico non ha rinnegato il proprio passato. Quali aspetti dell'eredità sovietica sono ancora visibili oggi e in che modo viene preservata la memoria storica?
L'economia bielorussa conserva elementi di pianificazione
statale e un forte settore pubblico, eredità del sistema sovietico. Le grandi
imprese industriali, spesso risalenti all'epoca sovietica, continuano a
svolgere un ruolo importante. La lingua russa rimane ampiamente utilizzata ed è
una sorta di lingua franca tra la popolazione del paese che è anche frutto
della integrazione dei vari popoli sovietici, insieme al bielorusso.
Le relazioni con la Russia rimangono un elemento centrale
della politica estera bielorussa. Una parte considerevole della popolazione
bielorussa conserva una visione positiva del periodo sovietico, associandolo a
stabilità e sicurezza sociale.
La Bielorussia, a differenza di molti altri paesi
post-sovietici, ha mantenuto un forte legame con il suo passato sovietico,
visibile in diversi aspetti della vita quotidiana e nella politica di salvaguardia
della memoria del paese. L’architettura storica dominante è quella sovietica. Molti
simboli sovietici, come la falce e il martello, sono ancora presenti in spazi
pubblici e monumenti.
Giulietto Chiesa riferisce in una sua visita del 2017:
«Eppure c’è ancora la Prospettiva Lenin. E, del resto, Minsk non ha commesso
l’errore di ribattezzare vie e piazze, come per qualche anno a Mosca dettò
l’euforia pro-occidentale. I monumenti della storia sovietica, così come la
politica sociale, sono tutti al loro posto. Salvo quello di Stalin. Ma il
centro della capitale è una esaustiva e impressionante esposizione
dell’architettura staliniana, ben restaurata».
Monumenti dedicati alla Grande Guerra Patriottica e agli
eroi sovietici sono mantenuti e celebrati. Frequenti i monumenti a Lenin, nelle
piazze delle principali città. Ma anche a Felix Dzerzinskij, nativo della
Bielorussia, di fronte alla sede del KGB (a proposito) a Minsk e a cui è
dedicata una cittadina e la vetta più alta del paese. A Mikhail Frunze, capo
dell’Armata Rossa, e presente a Minsk durante l’Ottobre, è intitolata una
fermata della metropolitana. Le vie sono frequentemente intitolate a Lenin, Marx,
Engels, all’Internazionale e al Komsomol.
Alcune tradizioni e festività sovietiche sono ancora
osservate, come la celebrazione del 9 maggio, il Giorno della Vittoria, il
giorno dell’indipendenza si festeggia il 3 luglio, il giorno della liberazione
di Minsk da parte dell’Armata Rossa nel 1944.
Il governo bielorusso organizza regolarmente celebrazioni e
commemorazioni per eventi storici legati al periodo sovietico, in particolare
la Grande Guerra Patriottica. È l’unico paese al mondo che festeggia il 7
novembre, anniversario della Rivoluzione d’ ottobre. I veterani di guerra sono
onorati e sostenuti dallo Stato. Nell’Isola delle lacrime sul fiume Svislač, che
attraversa Minsk, si trova il memoriale che celebra i caduti della guerra in
Afganistan.
La storia sovietica è inclusa nei programmi scolastici e nei
musei, con un'enfasi sul ruolo dell'Unione Sovietica nella lotta contro il
nazismo. I musei e i monumenti dedicati alla Seconda Guerra Mondiale svolgono
un ruolo importante nella trasmissione della memoria storica. Importante è il Museo
della Grande Guerra Patriottica, ma anche la Linea Stalin e il campo di
battaglia di Buinichi, nei pressi di Mogilev, di cui parla
Konstantin Simonov ne “I vivi e i morti”. La Fortezza di Brest è per l’appunto
uno dei principali siti del ricordo dell’eroismo sovietico.
Il governo bielorusso promuove una narrazione storica che
enfatizza la continuità tra il periodo sovietico e la Bielorussia moderna preservando
la sua eredità sovietica, considerandola parte integrante della sua identità
nazionale.
Inoltre, la Procura della repubblica indice ogni anno un
convegno tra storici sul genocidio subito durante la guerra che ha portato a
numerosi eccidi come quello di Chatin’. Ho avuto l’onore di essere stato
invitato tra gli storici stranieri a partecipare con una relazione a tale evento
negli ultimi due anni. Gli atti saranno pubblicati a breve.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, la Repubblica
Socialista Sovietica di Bielorussia contava 9,2 milioni di abitanti. Cosicché
sul territorio bielorusso occupato dai nazisti più di 8 milioni di persone
finirono stabilmente sotto occupazione, oltre a 900mila prigionieri di guerra
sovietici.
Alla fine del 1945, il numero dei cittadini bielorussi era
sceso a 6,3 milioni. L’amministrazione tedesca ha perseguito una politica di
genocidio, rapina e violenza. Tutto questo è avvenuto secondo il Generalplan
Ost.
Per combattere la resistenza antitedesca, furono ampiamente
utilizzate spedizioni punitive, oltre 140. Intere aree sono state distrutte,
trasformandosi in “zone desertiche”. Durante tutto il periodo dell’occupazione
tedesca, secondo le statistiche sovietiche, 209 città e 9.200 villaggi bielorussi
furono distrutti di cui 628 insediamenti furono annientati insieme a tutti gli
abitanti e 2,23 milioni di cittadini sovietici furono uccisi nel territorio
della Bielorussia. Chatin’ è la versione bielorussa dell’italiana Marzabotto.
Un intero villaggio distrutto assieme ai suoi abitanti: 149 persone, di cui 75
bambini — furono uccisi dai nazisti. Il più giovane abitante di Chatin’ aveva
solo sette settimane. Ci sono state
"non uno, o due, ma 627 Lidice e Oradours in Bielorussia", ha
osservato lo scrittore bielorusso Ales' Adamovich. "A Buchenwald è stato
ucciso un detenuto su cinque (50mila su 250mila]), in Bielorussia una persona
su tre. La campagna bielorussa è stata trasformata in un campo di
concentramento".
La prima spedizione punitiva ebbe luogo nel luglio-agosto
1941. Durante l’operazione, i nazisti hanno ucciso 13.788 persone. Nel
rapporto sui risultati di una di queste spedizioni (luglio-agosto 1943), il
comandante riferì a Berlino che 4.280 persone furono uccise, 20.944 furono
fatte prigioniere, compresi 4.180 bambini. I soldati tedeschi requisirono
parecchie migliaia di polli, mucche, vitelli, pecore, maiali e oltre cento
veicoli agricoli, il tutto per affamare la popolazione.
I nazisti usavano spesso i bambini come “donatori” di
sangue. La popolazione locale era coinvolta nello sgombero delle aree minate,
era uno scudo umano nelle operazioni di combattimento contro i partigiani e le
truppe dell’Armata Rossa. L’amministrazione tedesca ha utilizzato la
deportazione della popolazione per il lavoro forzato in Germania e i territori
occupati. Circa 400mila persone, i cosiddetti ostarbeiter, sono state
deportate dalla Bielorussia. 186mila bielorussi sono morti sul lavoro.
La parte “razziale” del genocidio è stata eseguita con
particolare crudeltà: ebrei, zingari, malati fisici e mentali furono eliminati.
Nelle città furono organizzate zone speciali di residenza degli ebrei: i
ghetti. In totale, secondo varie fonti, da 111 a più di 200 ghetti furono
creati in Bielorussia.
Sono stati creati 260 campi di concentramento e di
sterminio. Il più grande era il campo di sterminio di Trostenets, nel quale
furono uccise 206.500 persone.
Vasil' Zakhar'ka, offrì l'alleanza tra la Rada della
Repubblica Popolare Bielorussa in esilio, il successore dello stato fantoccio
creato durante l'occupazione tedesca nel 1918, e la Germania nazista, augurando
a Hitler "una rapida e decisiva vittoria sul regime giudeo-bolscevico su
tutti i fronti". Ma il collaborazionismo ebbe scarso seguito in
Bielorussia. Nella loro corrispondenza interna, i nazisti si lamentarono dello
scarso entusiasmo della popolazione locale nel commettere atti di violenza
antiebraica: i bielorussi "non sembravano capire il problema razziale
posto dagli ebrei". Nell'agosto del
1941 le Einsatzgruppen riportarono che "non c'è praticamente nessuna
coscienza nazionale nell'area. Manca anche un pronunciato antisemitismo".
La distruzione di massa della popolazione è stata effettuata da speciali gruppi: dalle Einsatzgruppen, Einsatzkommandos del Sicherheitsdienst (SD), e con il supporto della polizia locale collaborazionista, la Schutzmannschaften. Le autorità occupanti inizialmente incontrarono notevoli difficoltà nel trovare collaboratori bielorussi affidabili, e durante il primo anno dell'occupazione molti Schutzmänner in Bielorussia erano volontari provenienti da Lituania, Ucraina e Lettonia. Alla fine dell'estate del 1941 i nazisti inviarono in Bielorussia un certo numero di formazioni armate filofasciste ucraine e un battaglione lituano, che sono stati utilizzati per combattere i partigiani e partecipare alla distruzione di massa della popolazione. Il genocidio del popolo bielorusso fu opera, dunque, dei nazisti con l'assistenza di collaboratori lettoni, lituani e ucraini. Secondo i rapporti del dodicesimo battaglione lituano, solo nel periodo tra il 5 ottobre e il 7 novembre 1941 furono sterminate oltre 43mila persone nel territorio della Bielorussia.
6-Lei descrive la Bielorussia come uno Stato con un forte welfare e un rifiuto del liberismo. Crede che questo modello possa resistere nel tempo, soprattutto alla luce delle sfide economiche e delle sanzioni occidentali?
La Bielorussia è riuscita a mantenere una vivace crescita
economica nonostante le sanzioni occidentali. Diversi settori, tra cui
l'industria e il commercio, stanno registrando una crescita positiva. C’è stata una crescita economica del
3,9% nel 2023, più della metà della crescita del PIL è stata fornita
dall’industria (più dell’8%). Le previsioni indicano una crescita del PIL
intorno al 4% nel 2024.
La Bielorussia, pur essendo un paese di dimensioni modeste
in termini di popolazione e risorse naturali, si distingue per la sua rilevante
produzione industriale in settori chiave. Detiene una quota significativa del
mercato globale di attrezzature da cava e fertilizzanti potassici. È un
importante produttore di trattori (uno su tre nella produzione mondiale),
investendo in settori ad alta tecnologia come il trasporto elettrico, la
bioindustria, la farmaceutica, la robotica e i materiali compositi. Il commercio
con i paesi dell'Unione economica eurasiatica (UEE) è in crescita,
compensando in gran parte (due terzi) la diminuzione degli scambi con
l'Occidente e l'Ucraina.
La Cina è oggi al secondo posto tra i partner commerciali
della Bielorussia. Nel 2023 ha raggiunto la soglia storica di 8,443 miliardi di
dollari USA. Si stanno sviluppando relazioni con paesi in Africa e Asia,
aprendo nuovi mercati. Nonostante le sanzioni e le restrizioni, la Bielorussia
ha trovato vie alternative per esportare i suoi prodotti, come i fertilizzanti
potassici. La Bielorussia è uno stato con un’economia sociale di mercato con
punti contatto con il “socialismo di mercato” cinese. Il paese ha mantenuto
un’economia relativamente pianificata con un forte ruolo dello Stato, limitando
le disuguaglianze economiche. La presenza di un welfare state robusto
fornisce servizi di base come istruzione, sanità e alloggi, riducendo il
rischio di povertà estrema e di tensioni sociali. Il tasso di
disoccupazione è storicamente basso. Il paese continua a perseguire politiche
socialmente orientate a favore dei lavoratori. Anche il settore privato è stato
ampliato e ha un ruolo rilevante, senza però produrre una casta di oligarchi
che dominano la politica. La classe media è in forte espansione.
Minsk mantiene una buona posizione nella classifica delle Nazioni Unite degli Stati che hanno raggiunto gli obiettivi di sviluppo sostenibile. La Bielorussia si concentra su risultati quali l’assenza di povertà, un’istruzione di qualità, l’uguaglianza di genere, l’energia pulita e a prezzi accessibili.
7-Molti osservatori occidentali vedono il governo di Lukashenko come un regime autoritario. Qual è la sua opinione sulla percezione occidentale della Bielorussia e quanto questa è distorta rispetto alla realtà interna del Paese?
Indipendentemente da come si valuta il sistema bielorusso, i
principi della coesistenza pacifica si basano sulla coesistenza tra paesi con
sistemi politici diversi. Poi sempre più le “democrazie” occidentali si sono
trasformate in regimi plutocratici in cui i multimiliardari governano ormai
senza nemmeno la mediazione dei rappresentati eletti, ma direttamente: vedasi
lo schieramento di questi oligarchi alla corte di Trump, coinvolti anche
direttamente nella gestione del governo (Musk-DOGE) o nella gestione diretta
dei Social media (X). Ma in Italia con Berlusconi, l’uomo più ricco del paese,
con la proprietà dei media, abbiamo anticipato tutti. Del resto in Romania
abbiamo visto come è andata a finire con il candidato più votato: arrestato. In
Ucraina la destituzione del presidente più votato (Yanukovich) è
successa due volte, portando poi alla guerra civile. In Corea del Sud
c’è stato un colpo di stato, poi abortito, senza che per altro in Occidente si
siano stracciate le vesti. In Georgia si è tentato un colpo di mano
contro un governo che è pur sempre filoeuropeo, ma inviso alla mafia di
Bruxelles.
Il governo bielorusso più che autoritario è autorevole e
il sistema è fondato sul multipartitismo.
Alle ultime elezioni, l’anno scorso, le commissioni
elettorali distrettuali hanno ricevuto i documenti sulla nomina di 298
cittadini per la registrazione come candidati alla Camera dei Rappresentanti
dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Bielorussia. Il Partito bielorusso
“Bela Rus” ha nominato 71 candidati, il Partito Comunista Bielorusso – 37, il
Partito Liberal Democratico Bielorusso – 54, il Partito Repubblicano del Lavoro
e della Giustizia – 21.
Dobbiamo smettere di fare i maestri di tutto e di tutti. Quante guerre hanno fatto Lukashenko o la Cina e quante ne hanno fatte, e per lo più perse, gli Stati Uniti con l’ausilio dei suoi vassalli tra cui l’Italia? Quanti colpi di stato ha finanziato l’Occidente in nome della democrazia? Ci vorrebbe anche un po’ di più di relativismo antropologico nel giudicare gli altri. Ad esempio, un neoconfuciano cinese potrebbe considerare la “democrazia” nient’altro che una stravagante superstizione di certe tribù occidentali, retaggio del loro barbarico passato. La Cina era già un grande civiltà quando Romolo e Remo tettavano il latte dalla lupa. Questo solo per fare un esempio.
8-La stabilità politica della Bielorussia è spesso attribuita al controllo governativo sui media e sulle opposizioni. Pensa che esista uno spazio reale per il dissenso o per un’evoluzione politica interna senza ingerenze esterne?
Scrive un giornalista «Minsk è sorprendentemente civilizzata e di dimensioni umane; è stata ricostruita nei confortevoli anni Cinquanta e ristrutturata abbastanza recentemente. Le strade sono ordinate e adatte ai pedoni, i piccoli caffè sono accoglienti con caminetti accesi e ci sono giornali in inglese su ogni tavolo. In effetti, la Bielorussia è la controparte dell'Europa orientale degli stati socialisti scandinavi del passato; ma mentre svedesi e danesi sono impegnati a smantellare i loro sistemi sociali, la Bielorussia ha finora resistito alla spinta verso la privatizzazione». Giornali in inglese, dunque, mentre da noi si tenta di proibire persino le lezioni su Dostoevskij oppure le informazioni sul genocidio a Gaza. Io posso testimoniare che ho letto i giornali italiani e occidentali a Minsk dal WEB. Mentre tra le varie sanzioni ci sono media russi che hanno dovuto chiudere perché considerati organi di influenza russa, ossia riportavano il punto di vista russo. Bel pluralismo dell’informazione. Diamo lezioni a chi? Finiti i fondi USAID per i “media di regime” è finita la pacchia per i “rivoluzionari colorati”, dato che il “regime” che cerca di dominare il mondo è quello a trazione euroamericana.
9-La Bielorussia è spesso descritta come un Paese sicuro e con un basso tasso di criminalità. Quali sono le principali ragioni di questo successo in un contesto regionale più instabile?
La cultura orientata al rispetto delle regole e un sistema
sociale efficace hanno reso la Bielorussia un’eccezione in termini di sicurezza
in una regione spesso caratterizzata dalla instabilità.
Il sistema politico del paese ha favorito la stabilità
interna, riducendo i conflitti politici e sociali che potrebbero portare a
disordini o aumento della criminalità. Lo Stato ha sviluppato forze dell’ordine
e un sistema giudiziario efficienti, garantendo una risposta rapida ed efficace
alle minacce alla sicurezza.
Le disuguaglianze economiche che spesso alimentano la
criminalità sono limitate. La presenza del welfare state e il tasso di
disoccupazione basso contribuiscono a limitare fenomeni come il crimine legato
alla disperazione economica.
La società bielorussa è tradizionalmente orientata verso
il rispetto delle regole e dell’autorità dello stato. Questo approccio
culturale, unito a un sistema educativo che enfatizza lo studio, la
meritocrazia e la disciplina, contribuisce a un clima sociale più ordinato.
Il controllo sociale è rafforzato da una rete di relazioni comunitarie e dalla
presenza di organizzazioni statali e cooperative che stimolano il comportamento
positivo dei cittadini.
Rispetto ad altri Paesi dell’Europa orientale, la
Bielorussia è assente la presenza di gruppi criminali organizzati. Questo è in
parte dovuto al controllo statale sull’economia e alla severità delle misure
repressive contro le attività illecite.
La Bielorussia, pur trovandosi in una regione instabile (tra
Russia, Ucraina e Unione Europea), ha mantenuto relazioni strette con la
Russia, che ne garantisce la stabilità politica ed economica. Questo ha
limitato l’impatto di conflitti regionali sul territorio bielorusso.
La chiusura relativa del Paese ai flussi migratori illegali
e ai movimenti transfrontalieri ha contribuito a ridurre il rischio di
criminalità legata a tali fenomeni.
Le forze di polizia bielorusse sono considerate efficienti e
ben organizzate. Il sistema di sicurezza interno è progettato per prevenire e
reprimere rapidamente i reati, garantendo un alto livello di ordine pubblico.
Le statistiche disponibili dipingono un quadro di un Paese
con un tasso di criminalità relativamente basso rispetto ad altre nazioni della
regione.
Secondo i dati delle Nazioni Unite (UNODC), la Bielorussia
ha registrato un tasso di omicidi di circa 2,3 per 100.000 abitanti nel 2020.
Questo è significativamente più basso rispetto ad altri Paesi dell’Europa
orientale, come la Russia (7,3 per 100.000) o l’Ucraina (4,7 per 100.000).
I reati comuni, come furti, rapine e aggressioni, sono
relativamente bassi rispetto agli standard regionali. Ad esempio, il tasso di
furti è diminuito costantemente negli ultimi decenni, proprio grazie al
controllo statale e alla presenza di forze dell’ordine efficienti.
Il Paese non è un hub per il traffico di droga o di armi, fenomeni che spesso alimentano la criminalità in altre regioni. La Bielorussia non è considerata un centro per il crimine organizzato. Questo è dovuto alla severità delle sanzioni per tali reati.
10-Alle ultime elezioni, Lukashenko ha ottenuto un consenso travolgente, con oltre l'86% dei voti e un'affluenza molto alta, cifre ormai rare nelle democrazie liberali. A cosa attribuisce un risultato così netto?
C’è un largo consenso nell’opinione pubblica bielorussa sul mantenimento della stabilità che ha consentito al paese di mantenere uno sviluppo adeguato, pur in presenza delle sanzioni occidentali. Il tenore di vita migliora e non c’è stato il crollo auspicato dall’Occidente. Invece è l’Occidente che ci ha rimesso. Le vendite di auto cinesi sono passate in due anni dall’8% al 60%. Molte sono prodotte in joint venture con i cinesi. Gli stessi espatriati dopo gli avvenimenti del 2020 sono spesso ritornati in patria delusi dall’Occidente.
11-Sta lavorando a un altro libro: potrebbe anticiparci qualche dettaglio sul tema che affronterà?
Sto lavorando ad una opera generale sulla rilevanza del
Fronte Orientale nel contesto della Seconda guerra mondiale che nei paesi
dell’ex Unione Sovietica viene chiamata la Grande Guerra Patriottica. Secondo lo storico britannico
Geoffrey Roberts sul Fronte Orientale si è svolta la più grande guerra
nella storia dell’umanità, per numero di morti, estensione, carattere tragico e
conseguenze. L’Armata Rossa si trovò di fronte una forza militare senza
precedenti: la Germania nazista e i suoi alleati.
Lo storico
britannico Norman Davies, non certo sospetto di simpatie pro-sovietiche, condanna il patologico narcisismo degli USA che continuano a cercare di
convincere i propri connazionali che furono gli americani a fermare il fascismo
e infine a sconfiggere Hitler.
Lo storico militare americano David Glantz scrive
che una rivista americana, nel cinquantesimo anniversario dello sbarco in
Normandia del 1944, presentò una foto di copertina del generale Dwight D.
Eisenhower, acclamandolo come l'uomo che sconfisse Hitler. Se qualcuno avesse
meritato questa reputazione, sostiene Glantz, non sarebbe stato Eisenhower ma
Zhukov, Vasilevsky, o forse lo stesso Stalin. Più in generale, l'Armata Rossa e
i cittadini sovietici di tante nazionalità fecero la parte del leone nella lotta
contro la Germania dal 1941 al 1945.
La mia interpretazione del Fronte orientale critica l’interpretazione
mainstream della guerra fondata sul paradigma totalitario e dà spazio
agli interpreti sia occidentali (Getty, Glantz, Roberts) che russi (Isaev, Pykhalov, Medinsky) che hanno
rinnovato, in base ai nuovi documenti usciti dagli archivi sovietici,
l’interpretazione della guerra. Il libro si chiamerà “I giorni dell’acciaio” ed
è prevista l’uscita in aprile.
L’anno scorso ho pubblicato un libro sul battaglione
sovietico nella resistenza emiliana e tra poco sarà pubblicato in lingua russa il
mio intervento al convegno di Minsk sul genocidio bielorusso.
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